A questa precisa domanda posta al congresso La Macula e la Maculopatia legata all’età 2017 risponde la Dott.sa Elisabetta Capris dell’Istituto David Chiossone di Genova: “ci sono pazienti adattati nelle attività di tutti i giorni anche con 2 decimi residui e quelli che con 5 decimi non trovano soluzione. La riabilitazione va proposta quando il paziente ha esigenze di riorganizzare proprie attività, sostenere il quotidiano, risolvere problematiche o limitare il discomfort.”
Non esiste un limite quindi legato all’acutezza residua ma la proposta di intervento deve essere legata all’ottimizzazione del residuo e alle esigenze individuali del soggetto. Gli interventi devono inoltre tener conto della “compliance” e dello sforzo o impegno necessario, in particolare per i soggetti molto anziani o molto giovani.
Se per la plasticità del sistema nervoso centrale possiamo affermare che gli interventi riabilitativi avranno in genere un miglior risultato in pazienti più giovani e affrontando le patologie degenerative in stadi precoci, purtroppo la burocrazia del servizio di assistenza garantisce l’accessibilità ai Centri Ipovisione su territorio nazionale prevalentemente a chi ha una invalidità grave conclamata (<3/10) almeno per le prestazioni in convenzione.
La riabilitazione visiva è il sistema delle prestazioni, erogate in modo globale e individualizzato, a soggetti ipovedenti ed al proprio ambito familiare, scolastico o sociale, volte alla piena autonomia nelle funzioni di vita quotidiana attiva e al conseguimento dell’integrazione sociale.
Anche di fronte alle patologie della terza età la riabilitazione costituisce una importante strategia di intervento, perlopiù poco considerata dalle autorità sanitarie e dagli stessi utenti potenziali. Allungandosi la vita media diventano ancora più rilevanti la conservazione o recupero delle autonomie di vita – quali lettura, scrittura, mobilità – ottenibili tramite stimolazioni, scelta di ausili e addestramento specifico.