Un team di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora, in Maryland, ha sviluppato in laboratorio una retina artificiale, copia in miniatura della retina umana, utilizzabile per analizzare le cause di alcuni difetti della visione.
La retina di laboratorio è quindici volte più piccola di quella umana e si è formata, con una gestazione di nove mesi, a partire da cellule staminali nutrite con particolari sostanze chimiche, atte a farle sviluppare come cellule retiniche.
Tra i dati più interessanti fin’ora emersi, uno in particolare risulta di grande interesse per la scienza e la medicina: lo sviluppo della visione a colori.
Il team di ricerca dell’università statunitense è infatti riuscito, attraverso l’osservazione della crescita di questa retina artificiale, a ricostruire il processo di sviluppo della visione a colori nell’uomo. Oggetto dello studio sono stati i coni, i fotorecettori responsabili di visione diurna, distinzione dei dettagli e percezione dei colori.
I coni sono suddivisi in tre sottotipologie a seconda del pigmento che attivano a seguito della recezione delle diverse lunghezze d’onda: opsina blu (lunghezze d’onda corte, S), opsina verde (lunghezze d’onda medie, M) e opsina rossa (lunghezze d’onda lunghe, L).
I risultati dello studio mostrano come la visione a colori abbia origine con la formazione dei coni incaricati di recepire la luce blu, a cui farebbero seguito quelli per la recezione del rosso e del verde. La scoperta più importante sarebbe però il ruolo chiave, giocato dall’ormone della tiroide, nel determinare quali cellule retiniche sviluppare. Il passaggio dalla definizione dei coni per le lunghezze d’onda S alla generazione di quelli per le lunghezze M/L, dipenderebbe infatti proprio dall’ormone della tiroide (TH).
Questa scoperta è di particolare interesse per capire l’origine di alcune di malattie del sistema visivo, tra cui la degenerazione maculare, una patologia dovuta proprio a una graduale compromissione delle cellule retiniche.
I risultati di questa ricerca potrebbero avere impatti rivoluzionari sul modo di affrontare questo tipo di patologie, arrivando fino alla possibilità di riprogrammare le cellule staminali e reintrodurle nell’organismo per sostituire quelle difettose.